Commento critico Silvia Salomoni


Franco Boaretto sentì il richiamo dell’arte fin da ragazzo: partì dalla matita per approdare al carboncino e alla sanguigna
realizzando soprattutto paesaggi e soggetti reali. Ma la poesia dell'arte lo travolse e lo portò a sperimentare la tecnica dei colori ad olio stesi sulla tela in grande quantità con una spatola. Egli desiderava sentire il colore percepire il vigore: già in queste fasi sembra trasparire il desiderio di giungere ad una terza dimensione, creare sulla tela qualcosa che ne rompa la prigione della bidimensionalità e che rapisca chi la osserva.
La creazione avviene ad opera di uno spirito febbrile che durante la notte attraversa il "tormento" continuo delle cancellature, e giunge finalmente all'"estasi" di una linea che fuoriesce dalle sue mani, si crea e si costituisce intrisa di passionalità.
L'approdo maturo alla ceramica "Raku" sembra realizzare il desiderio della terza dimensione e ribadisce il desiderio dell'artista di creare sempre cose nuove, sperimentare per esprimere e comunicare. Il punto di partenza di questa tecnica è un materiale povero, la terra che verrà a contatto con il fuoco, l'aria e l'acqua. L'artista plasma l'opera solo con le sue mani (ed eventualmente con l'ausilio di altri semplici strumenti), realizzando forme dalle linee essenziali, armoniche, ora tenere e delicate ora virili ed energiche. Le sculture di Boaretto possiedono la ricca semplicità della terra, la lucentezza e la trasparenza dell'aria, il brio e la freschezza dell'acqua in contrasto con il calore e la forza del fuoco, contrasto non drammatico, ma straordinario. Ognuna delle sue opere è unica ed irripetibile e questa impossibilità di creare una perfettamente identica testimonia nuovamente quanto sia grande ed affascinante il mistero dell'arte.

Silvia Salomoni, 2000

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